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L’uso di antibiotici nella prima infanzia è un fattore di rischio per le malattie infiammatorie intestinali

Uno studio condotto in Gran Bretagna mette in luce l’associazione tra l’esposizione in tenera età a determinate classi di antibiotici e il rischio di sviluppare malattie infiammatorie intestinali negli anni successivi.

Le malattie infiammatorie intestinali spesso esordiscono nella popolazione in età pediatrica. Alla base di queste patologie vi sono disturbi della risposta immunitaria in soggetti geneticamente predisposti, in cui si verifica un attacco del sistema deputato alla difesa dell’organismo verso la flora microbica commensale, vale a dire quei batteri che normalmente popolano l’intestino senza arrecare danni né vantaggi. Nei pazienti con malattie infiammatorie intestinali è dunque frequente la disbiosi intestinale, una condizione di squilibrio microbico con prevalenza dei batteri patogeni all’interno dell’apparato digerente, che ne causano l’irritazione.

Uno studio condotto da Kronman et al tra il 1994 e il 2009 e pubblicato nel 2012 sulla rivista Pediatrics ha evidenziato la relazione tra l’esposizione agli antibiotici nei primi anni di vita e lo sviluppo di patologie infiammatorie a carico dell’intestino. Questo studio è stato supportato anche da analisi precedenti che avevano sottolineato come un microbioma “adulto” relativamente stabile si raggiunga non prima dell’età di 12 mesi. Si è trattato di uno studio di coorte retrospettivo: in questo tipo di analisi viene considerato un fattore di rischio, in questo caso specifico l’utilizzo di alcune classi di antibiotici, e viene monitorato nel tempo un campione di soggetti privi di malattia, cioè bambini del Regno Unito che sono stati seguiti per due anni, al fine di valutare il rischio assoluto di sviluppare malattie infiammatorie intestinali.

Gli individui non esposti agli antibiotici sono stati confrontati con quelli che presentavano disturbi intestinali di natura infiammatoria dovuti all’assunzione di antibiotici attivi contro batteri anaerobi, che non hanno bisogno di ossigeno per sopravvivere, come ad esempio amoxicillina, ampicillina, tetracicline, clindamicina, metronidazolo. Nel secondo gruppo di bambini è emersa una correlazione con il successivo sviluppo di patologie infiammatorie intestinali. È stato osservato che questo legame risulta meno rilevante all’aumentare dell’età di esposizione e che esiste un effetto dose-risposta: lo sviluppo delle malattie in questione era più probabile nei bambini sottoposti a due o più cicli di antibiotici rispetto a quanto accadeva nel caso di uno o due cicli di terapia.

Nonostante i risultati evidenziati, gli studiosi spiegano che resta ancora da chiarire il ruolo di altri fattori rilevanti durante la prima infanzia, come l’allattamento e lo svezzamento, che potrebbero proteggere sia dalle infezioni che dalle malattie infiammatorie intestinali. Ad ogni modo, lo studio fornisce un valido motivo per monitorare accuratamente l’appropriatezza delle prescrizioni di antibiotici nei primi anni di vita, in quanto questi farmaci risultano implicati in numerose malattie immuno-mediate.

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