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Pazienti trapiantati e in lista di attesa: conoscerne gli stati d’animo per curarli meglio

Si è conclusa una ricerca biennale sulla particolare categoria dei pazienti trapiantanti. Ecco i risultati.

Lo scorso dicembre si è concluso un importante progetto di ricerca biennale dell’ATCOM, l’Associazione Trapiantati di Cuore del Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna. Finanziato dal Centro Nazionale Trapianti, raccoglie e confronta i bisogni e le opinioni di un campione rappresentativo di pazienti, sia in attesa di trapianto che già trapiantati. La ricerca, intitolata “Organizzazione del percorso del paziente dall’inserimento in lista d’attesa per il trapianto alla gestione del follow-up: ampliamento delle finalità, degli ambiti e delle conoscenze”, prevedeva la compilazione online di due distinti questionari anonimi: uno per i pazienti in lista d’attesa, l’altro per quelli già operati.

Hanno partecipato 7.040 persone, di cui 2.965 in lista d’attesa e 4.075 già trapiantate. Grazie a quest’indagine ciascuna di loro ha espresso le proprie esigenze, il proprio vissuto ma anche consigli su come migliorare la condizione dei pazienti, prima e dopo l’operazione. A ciò va aggiunta un’analisi delle iscrizioni in lista e il rilevamento dei flussi di pazienti da una regione all’altra per effettuare il trapianto. Dallo studio dei dati raccolti sono emerse alcune riflessioni fondamentali: da un lato la necessità di incentivare la promozione della prevenzione e di uno stile di vita sano in maniera capillare e organica; dall’altro, l’urgenza di favorire una maggiore integrazione tra i diversi livelli di competenza delle strutture medico-ospedaliere sul territorio nazionale.

Quelle che affiorano più di tutto sono però le emozioni vissute dai pazienti, l’altalena di stati d’animo negativi e positivi. Leggere le loro testimonianze offre di per sé uno spaccato drammatico della vita di queste persone e del contesto – privato, sociale e sanitario – in cui vivono la malattia, l’attesa del trapianto, il ritorno alla quotidianità. Una fase, questa, che può durare qualche mese, lunghi anni o tutta la vita. È disarmante leggere simili testimonianze e cogliere il grido di aiuto nei confronti, in primis, del sistema sanitario locale e nazionale. Evidentemente lo status quo non basta, non è sufficiente a offrire un servizio all’altezza della sofferenza dei malati pre e post trapianto. E la ricerca dell’ATCOM prova a sollecitare delle soluzioni fattibili per innescare un processo di cambiamento quanto mai necessario.

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