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Emicrania, una forma di mal di testa assai diffusa e fortemente invalidante

L’emicrania è una delle forme di mal di testa più frequenti; le sue cause restano sconosciute, ma sono disponibili farmaci utili in fase acuta e preventiva.

Le cause dell’emicrania, condizione frequente e invalidante, non sono ancora note, così come sono sconosciuti i meccanismi biochimici alla base della predisposizione individuale. Gli attacchi di emicrania in alcuni pazienti vengono preannunciati dall’aura, un disturbo della vista caratterizzato da abbagliamenti e dalla comparsa di una macchia scura che annebbia oppure oscura del tutto parte del campo visivo.

Dopo circa mezz’ora dalla comparsa di questo sintomo si presenta una forma di cefalea pulsante e dolorosa che interessa solitamente un solo lato del capo. Il mal di testa può essere accompagnato da nausea, vomito, sensibilità alla luce, ai rumori e agli odori. La sensazione di stanchezza tipica delle crisi emicraniche può perdurare anche per ore.

Talvolta le crisi di emicrania sono scatenate dall’assunzione di determinati alimenti o da stimoli visivi, ma il più delle volte compaiono senza un apparente motivo. Allo stato attuale delle conoscenze esistono tre spiegazioni per il meccanismo fisiologico che provoca questa condizione.

La teoria vascolare considera come causa dell’emicrania un’iniziale vasocostrizione intracerebrale che determinerebbe l’aura visiva, a cui farebbe seguito una vasodilatazione extracerebrale che cagionerebbe la successiva cefalea. Questa interpretazione spiega però soltanto il 20% delle manifestazioni di emicrania; inoltre, non sono mai state osservate variazioni rilevanti del flusso sanguigno durante la fase dolorosa.

L’ipotesi cerebrale suggerisce un aumento della concentrazione extracellulare di ioni potassio e una riduzione del flusso sanguigno nell’area colpita, senza identificare la causa scatenante.

L’ipotesi dei nervi sensoriali collega l’attacco di emicrania all’attivazione delle terminazioni nervose del trigemino e dei vasi extracranici, che provocherebbe, oltre al dolore, uno stato infiammatorio innescato dal rilascio di mediatori dalle terminazioni nervose.

Al di là di ciò che resta ancora da mettere in luce, è stato dimostrato il coinvolgimento del neurotrasmettitore 5-idrossitriptamina o serotonina nella patogenesi dell’emicrania. Durante le crisi si nota un forte incremento dell’escrezione urinaria del principale metabolita della serotonina, a fronte di una drastica riduzione dei livelli ematici del neurotrasmettitore. In aggiunta, molti farmaci attivi sui recettori della serotonina risultano efficaci nel trattamento dell’emicrania.

La farmacoterapia prevede l’impiego di principi attivi dall’azione analgesica nell’attacco acuto. Paracetamolo, acido acetilsalicilico e oppiacei possono essere assunti insieme alla metoclopramide, molecola che stimola la motilità dello stomaco accelerandone lo svuotamento, usata per trattare nausea, vomito, reflusso gastroesofageo. Il suo utilizzo, oltre a contrastare eventuali sintomi gastrici associati agli attacchi di emicrania, facilita l’assorbimento degli antinfiammatori-antidolorifici.

Farmaci che si legano ai recettori della serotonina mimandone l’azione sono ergotamina, efficace ma scarsamente utilizzata per i suoi effetti collaterali, sumatriptan, efficace nella maggior parte dei casi ma con lo svantaggio di una breve durata d’azione, almotriptan, zolmitriptan ed eletriptan.

Se gli attacchi sono frequenti possono risultare necessari farmaci dall’azione profilattica, i cui meccanismi d’azione sono ignoti. Si ricordano gli antagonisti dei recettori della serotonina, quali il pizotifene; farmaci di solito utilizzati in caso di angina, ipertensione e aritmie cardiache, per esempio metoprololo, propranololo, clonidina; antidepressivi come l’amitriptilina; calcio-antagonisti come il verapamil, farmaco antiaritmico che tra gli effetti collaterali presenta la cefalea, ma che paradossalmente contribuisce a diminuire la frequenza degli attacchi di emicrania.

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