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Caffeina in gravidanza? Studio conferma: «Meglio evitarla»

È stata recentemente pubblicata un’analisi della letteratura scientifica avente come oggetto i potenziali effetti sul nascituro legati al consumo di caffeina da parte delle donne incinte.

La caffeina è la sostanza psicoattiva più largamente consumata. Tra i consumatori anche le donne in stato di gravidanza: l’82% delle donne incinte statunitensi e il 91% di quelle francesi ha dichiarato di assumere quotidianamente caffeina. Jack James, psicologo dell’università di Reykjavik, in Islanda, ha effettuato una rassegna della letteratura che esaminava i danni sul nascituro provocati dalla caffeina introdotta dalla madre. Le autorità sanitarie, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), sono generalmente concordi nel consigliare alle gestanti di limitare l’apporto giornaliero a 200 mg, l’equivalente di circa due tazze di caffè moderatamente forte. Ciononostante, la conoscenza della farmacologia della caffeina suggerisce potenziali danni fetali causati dal consumo materno della sostanza. La caffeina è infatti in grado di attraversare rapidamente la barriera placentare, esponendo il feto a concentrazioni simili a quelle che si ritrovano nel sangue della madre.

Il consumo abituale di caffeina determina una dipendenza fisica, con le manifestazioni di una vera e propria crisi d’astinenza a seguito della diminuzione della sua assunzione anche di soli 100 mg al giorno, caratterizzate da sonnolenza, letargia e cefalea. La sostanza è classificata come “droga d’abuso” e nei bambini nati da madri che l’avevano consumata nel corso della gravidanza sono stati osservati sonno disturbato, vomito, battito cardiaco e respirazione irregolari e tremore fine, sintomi simili a quelli della sindrome di astinenza neonatale da narcotici.

Come fonti letterarie James ha consultato i database di PubMed e Google Scholar, associando i termini relativi a risvolti negativi della gravidanza con la parola “caffeina” o i nomi di prodotti che la contengono, come caffè, tè e bevande energetiche. Dalla ricerca sono emersi 1261 articoli in lingua inglese pubblicati nei due decenni passati, di cui, scartando quelli doppi e considerando solo quelli scientificamente rilevanti, ne sono stati analizzati 48. Gli effetti negativi sulla gravidanza sono stati raggruppati all’interno di 6 categorie principali: aborto spontaneo, natimortalità, cioè numero dei nati morti, basso peso alla nascita e/o per età gestazionale, parto pretermine, leucemia acuta nell’infanzia e sovrappeso e obesità infantili.

Dagli studi presi in considerazione è emerso in maniera quasi unanime il riconoscimento dell’associazione tra consumo di caffeina da parte della madre e quattro delle categorie sopracitate: aborto, natimortalità, basso peso alla nascita e leucemia acuta. Non è stata identificata alcuna analisi che suggerisse l’esistenza di un legame significativo tra consumo materno di caffeina e sovrappeso e obesità infantili. James ha concluso la sua pubblicazione sostenendo che le attuali raccomandazioni sul consumo di caffeina in gravidanza da parte delle autorità esperte in materia necessitino di una revisione radicale. In particolare, le prove scientifiche a disposizione non supporterebbero il presupposto che il consumo “moderato” della sostanza sia sicuro: secondo l’autore sarebbe bene che le donne incinte e che desiderano una gravidanza evitassero del tutto la caffeina.

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